Acquaforte di mm 490 x 352 alla battuta. Carta vergata veneziana. Filigrana non rilevata. Pieni margini. Qualche fioritura. I° stato. Al margine inferiore, in piccolo a sinistra: “Ant.o Canaletto Pinx.”. A destra in piccolo: “Berardi Scul.app.o Wagner Ven.a C.P.E.S.” In grande al centro “Per viver l’uomo si affatica e pena”. Più sotto a destra in piccolo: “N°62 3”. Terza tavola della serie dei “Capricci lagunari”. Fabio Berardi (1728-1788) nacque a Siena; si trasferì a Venezia verso il 1742 entrando nella bottega di Wagner. Riferisce Succi nel volume “Da Carlevarijs a Tiepolo”: “Dopo essere stato inizialmente influenzato nel proprio linguaggio incisorio dai modi vaporosi dell’Amigoni, di cui intagliò alcuni disegni e dipinti. Berardi pubblicò una serie di sei “Villaggi Campestri” e due serie di sei vedute capricciose di Venezia e della Laguna derivate dal Canaletto, nonchè una serie di quattro paesaggi rovinistici dallo Zais. Nel 1748 strinse amicizia con Francesco Bartolozzi, assieme al quale divenne uno degli esponenti più rappresentativi della calcografia wagneriana. Incisore di riproduzione per eccellenza, Berardi tradusse, con un tratteggio sciolto e vibrante e con notevolissima sensibilità associata ad un sicuro mestiere, parecchi soggetti di carattere sacro, mitologico, popolaresco e allegorico. Fin dal 1931 Calabi ebbe a lodare nel Berardi in modo particolare “la forma dei chiaroscuri e la profondità dei neri”. Petrucci (1966) precisava che “il suo tratteggio non è sempre filato ed inflessibile, come nell’incisione classica” e concludeva “Il Berardi ebbe qualità stilistiche di prim’ordine. In lui si può dire si riassuma raffinandosi sempre più tutta l’estetica incisoria della scuola del Wagner”. Accomunato al Wagner nell’impiego del metodo, da lui introdotto a Venezia, di accompagnare l’intaglio ad acquaforte con interventi a bulino, Berardi si differenzia dal maestro per il ricorso ad una tecnica di morsura più complessa e per un segno che scava più profondamente la lastra. Infatti le sue migliori prove si distinguono per i neri solchi vellutati, posti in vivace stacco con le fioriture di bianco sapientemente distribuite nell’intelaiatura della composizione, con un effetto d’insieme di morbida levigatezza non priva di una forza che si potrebbe definire gentile”.
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dal XV al XXI Secolo
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